Abstract :A03. Considerazioni conclusive sulla società globale dell'informazione |
Considerazioni conclusive sulla società globale dell’informazione
Le nuove realtà stanno entrando, dunque, nella vita attuale ma la nostra cultura, invero, non sembra aiutare molto il Paese e, soprattutto, i giovani a sviluppare quella qualità che appare oggi indispensabile per muoversi verso il futuro: la flessibilità, cioè l'essere aperti alle cose nuove e l'essere capaci di adattarvisi.
L'ambiente in cui viviamo, infatti, è in continua trasformazione con tempi che sono rapidissimi. La genetica non permette questo genere di adattamenti, possibili invece con la cultura. Con essa, nel corso di una sola generazione si può passare dalla preistoria alla micro-elettronica poiché i cambiamenti non sono biologici, ma mentali.
E la nostra capacità di adattamento dipende solo dall'elasticità intellettuale con cui sappiamo imparare, capire, creare, cambiare: cioè dalla nostra intelligenza o come direbbe il paleo-antropologo, dalla nostra flessibilità.
Questo continuo adattamento culturale riguarda oggi non solo i singoli individui ma le imprese e la stessa collettività: perché comporta a "ogni livello" una perenne verifica delle idee, delle tecniche, degli obiettivi.
Oggi, i grandi mutamenti sono quelli indotti soprattutto dalla tecnologia. Va considerato, inoltre, che l'economia moderna può essere definita combinatoria nel senso che, combinando insieme in modo intelligente gli elementi in circolazione, si possono creare innovazioni non solo tecnologiche, ma organizzative, finanziarie, manageriali che corrispondono sia all'obiettivo del massimo rendimento col minimo costo sia alle esigenze di un mondo in continua trasformazione. Un mondo che, tra l'altro, richiede un sempre maggiore benessere. In questo senso "flessibilità" è certamente sinonimo di intelligenza; poiché anche il nostro cervello, in pratica, opera in modo analogo per risolvere un problema.
Rimane un'ultima domanda, al termine di questa trattazione, che è quasi doverosa: ma questi cambiamenti sempre più rapidi, dove ci portano?
Questo sviluppo sempre più tumultuoso, in cui la tecnologia trasforma, accelera, innova, modificando il modo di vivere, il modo di produrre, il modo di lavorare, non potrebbe essere in definitiva un boomerang e ritorcersi contro l'uomo, cioè contro noi stessi?
Quello che si può fare è prendere atto di questa situazione e, per quanto possibile, governarla. Il problema, cioè, è quello di tentare di conciliare i vantaggi e gli svantaggi di questo sviluppo tecnologico che ha senza dubbio già migliorato l'alimentazione e il reddito, ha diminuito la mortalità infantile e l'analfabetismo, ha aumentato la durata della vita e l'assistenza medica, ha accorciato gli orari di lavoro e ha creato, ancora, circolazione di idee ed emancipazione ma che può anche apportare effetti negativi.
E' allora possibile riuscire ad avere uno sviluppo equilibrato che permetta all'uomo di avere i vantaggi della crescita senza pagarli con un prezzo talora molto alto? Questa è senz'altro una sfida difficile ma la si può affrontare. L'obiettivo deve essere quello di riuscire a comprendere le potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico e gli usi applicativi possibili considerando che nelle macchine si trova solo ciò che si è precedentemente inserito e che è importante, dunque, inserire algoritmi frutto di problematiche gestionali corrette.
E' necessario, inoltre, possedere una formazione e una cultura molto diverse da quelle cui spesso siamo abituati, che sono troppo rivolte al passato anziché al futuro e che guardano più alle nostre grandi tradizioni letterarie, storiche, artistiche di ieri, che alle sfide tecnologiche, economiche e culturali di 'oggi' e di 'domani'.
Accettare le opportunità che la situazione ci offre richiede, pertanto, di compiere alcuni .passi fondamentali sul piano culturale collettivo, il cui ruolo è centrale.
Il primo è quello di capire ciò che siamo diventati e quello che abbiamo avuto, non per difenderlo ma per costruire quello che possiamo diventare e possiamo avere ancora. Ma questo significa accettare e scommettere sulla 'idea del rischio' rispetto alla tradizione protettiva di cui abbiamo goduto.
Il secondo passo, conseguente rispetto al primo, è quello di investire il patrimonio sinora accumulato per poter raggiungere nuovi traguardi e innescare un'ulteriore fase del nostro collettivo sviluppo. Abbiamo ricchezza collettiva e individuale, abbiamo istruzione, abbiamo società pur con tutti i suoi difetti, abbiamo imprenditorialità che vanno nel loro insieme investite con un 'atto di maturità'. Poiché di questo si tratta, soprattutto in Italia: un Paese che ha goduto di una lunga rincorsa di sviluppo all'insegna dei principi della creatività e della vitalità e che oggi deve affrontare la sua fase piena di maturità, con le conseguenze che questo comporta anche sul piano delle decisioni ulteriori da prendere.
Ed ecco allora che il terzo passo ha a che fare con lo sviluppo di tanti e diffusi atti di responsabilità individuale e collettiva, che debbono alimentare l'innervatura civile, politica, istituzionale, culturale e ovviamente economica del nostro sviluppo attuale, per poter avere sviluppo futuro.
Rischio, maturità, responsabilità costituiscono i tre ingredienti sul piano politico e sociale che ci sono richiesti dalla nuova frontiera dello sviluppo.
Bisogna uscire dalle analisi con le decisioni, la scelta, l'azione, i progetti. Bisogna creare la nuova "etica del fare" finalizzata allo sviluppo complessivo della collettività nella società dei servizi. Bisogna operare per realizzare le nuove infrastrutture della modernizzazione.
Nella moderna società dei servizi la rete delle connessioni sociali assume ancora maggiore centralità, sia per la capacità di creare ricchezza dentro la nuova economia industriale sia per la capacità di rappresentare gli interessi degli associati.
Mentre si discute sull'assetto istituzionale dei poteri, non si può trascurare la necessità di investire sulle reti di tessuto civile, sociale ed economico, soprattutto su quelle legate all'istruzione e alla conoscenza. L'apporto, però, delle strutture istituzionali dello Stato non è sufficiente di per sé. Si richiedono, dunque, interventi di promozione e di sollecitazione sulle componenti della società civile.
E' su questo terreno che si misurerà la capacità di realizzare una nuova fase di sviluppo per il Paese, garantendo il passaggio della società industriale alla società dei servizi. E' questa, a mio parere, la responsabilità della classe dirigente che è chiamata a governare il cambiamento.
E' opportuno, infine, considerare che la conoscenza di quella catena di cause ed effetti, che può determinarsi ex post nel passato, poco serve a predeterminare il futuro, regno degli eventi possibili.
E' delineabile una dicotomia profonda fra l'analisi storica dei fatti conclusi, fra loro concatenati dal rapporto di causa ed effetto e le azioni che quei fatti determineranno attualizzandoli dal futuro. Quelle azioni nascono in funzione di specifiche finalità e sono sempre propositive fra causalità del passato e finalità del futuro che il presente costantemente media costruendo le vicende del mondo.
In una evoluzione magmatica degli eventi attuali, ogni componente strutturale della società contemporanea dovrà esser sempre più capace di saldare il dominio del presente con l'appropriazione del futuro, concependo ed attuando con grande attenzione una strategia duale che consenta la distinzione fra pianificazione dell'azione, o pianificazione operativa, a breve termine, e pianificazione per il cambiamento strategico, o a lungo termine.
Di fatto, alcune componenti o parti di esse privilegiano il presente mentre altre si lasciano troppo distrarre dal futuro. E' raro che venga raggiunto uno scambio efficace fra i due tipi di approcci, che cioè venga raggiunto un adeguato equilibrio fra la gestione delle attività correnti e la pianificazione del futuro. E questo perché gestire con strategie duali impone profondi cambiamenti, non soltanto nella pianificazione, ma anche nella struttura organizzativa e nei controlli di gestione.
Dovrà esser necessario che ciascuna componente sviluppi sempre il dominio del presente, la esigenza di condurre un'azione coordinata e collettiva basata sulla visione di come gestire oggi, individuando le opportunità vincenti e prestando la dovuta attenzione alle diverse attrattività. In questo senso è importante distinguere fra rapporti orizzontali, che definiscono e mettono in evidenza le strategie interne, e rapporti verticali, necessari a sintonizzarsi con le mutevoli realtà esterne.
In secondo luogo dovrà esser sempre necessaria la programmazione del futuro nel cui scenario l'ingresso può esser consentito ed anche accelerato soprattutto dal contributo che ciascuno di noi deve portare per cambiare una cultura che tende a vedere nel cambiamento una minaccia anziché una opportunità. E’ infatti, chiaro che le opportunità non si conquistano opponendo ostacoli al cambiamento e difendendo il passato che non ha futuro; le opportunità si conquistano solo se ciascuno, nel proprio ambito di responsabilità, è capace di cogliere correttamente il significato e la portata delle nuove sfide e di affrontare con coraggio i costi e i rischi del cambiamento.
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Raimondo Villano, “Verso la società globale dell'informazione”, Conclusioni, Eidos, 2^ ed. settembre 2000.
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